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Immagine del redattoreEstrella Bolzon

I coefficienti di consanguineità spiegati in modo semplice

Senza addentrarsi nei meandri più complessi della genetica, credo che sia necessario fare almeno un po’ di chiarezza su come si possano/debbano scegliere i riproduttori da questo punto di vista.

Niente di troppo complesso, (anche se, quando si tocca questo argomento, di semplice non c’è mai nulla…), ma solo qualche piccola e semplice spiegazione di alcuni termini che, evidentemente, sono fonte di dubbi e sui quali mi sembra ci sia parecchia confusione.


1) Coefficiente di inbreeding (Inbreeding Coefficient IC o Coefficient of Inbreeding COI): mostra il grado di consanguineità tra i progenitori.

Questo coefficiente è un parametro che stima la probabilità di ereditare due copie 'identiche per discendenza' dello stesso allele di un gene già presente in un antenato comune, quantificando il tasso di inincrocio esistente all'interno di una popolazione, e dunque valutando il livello medio di parentela tra gli individui.

Il metodo dell’inbreeding, che è l’accoppiamento tra consanguinei, oltre fissare più rapidamente i caratteri desiderati (effetto positivo), ha anche l’effetto (molto pericoloso) di aumentare l’espressione di difetti ereditari anche molto gravi, e comunque di produrre con maggior frequenza portatori sani di tali difetti (tare).

Inoltre, un COI alto (aumento della consanguineità) genera tutta una serie di condizioni sfavorevoli, che nell'insieme vengono chiamate “depressione da consanguineità o depressione da inbreeding”, e che si manifestano prevalentemente nei caratteri che riguardano la sopravvivenza e le capacità riproduttive, quali mortalità, una riduzione della fertilità e della prolificità, oppure le potenzialità evolutive, quali l'adattamento alle variazioni ambientali e diminuzione delle difese immunitarie.

Gli esperti raccomandano che il COI non superi il 6% in 5 generazioni, che è più o meno quello che si ottiene da un accoppiamento tra cugini.

FCI raccomanda che per le razze rare il COI non sia superiore al 10%.


Il coefficiente di inbreeding, chiamato F dal suo inventore Wright (che lo formulò negli anni ’20), viene invece chiamato comunemente COI dagli allevatori e si calcola così:


F X = S [(½) n + n’ + 1 ] (1+FA)


Fx è il coefficiente di consanguineità di X

n è il numero di generazioni che separano il padre di X da un antenato A, comune sia al padre che alla madre di X

n’ è il numero di generazioni che separano la madre di X dallo stesso antenato comune A

S è la sommatoria dei contributi diversi dovuti a ciascun ascendente comune

FA è il coefficiente di consanguineità dell’ascendente comune A (nel caso sia esso stesso inincrociato)


Esempio pratico:

In un incrocio tra fratello e sorella, o tra padre e figlia, o tra madre e figlio, X sarà inincrociato per il 25%

In un incrocio tra fratellastri (un solo genitore in comune), X sarà inincrociato per il 12,5%

Dopo due generazioni di accoppiamenti tra fratello e sorella con 4 ascendenti comuni , X sarà inincrociato per il 37,5%

…e così via.


Ovviamente, da un ipotetico accoppiamento madre x figlio, i prodotti saranno consanguinei per il 25%…ma se una figlia di questa cucciolata venisse nuovamente accoppiata con il padre, la consanguineità salirebbe al 37,5%, e via aumentando se si continuasse ad accoppiare il maschio originale con nipoti, bisnipoti e così via.


C’è un limite invalicabile al coefficiente di consanguineità?

Teoricamente no, se si fosse sicuri di usare solo soggetti sani al 100%: ma siccome abbiamo visto che questo in pratica non avviene mai, la prudenza suggerisce normalmente di tenersi entro il 12-15%.

E’ importante ricordare che non ha molto senso limitarsi ad esaminare padre e madre di una cucciolata, perché il COI potrebbe salire vertiginosamente nel caso in cui questi due soggetti derivassero a loro volta da inbreeding: così come ha poco senso esaminare soggetti oltre la quinta-sesta generazione, perché il loro contributo genetico diventa pressoché ininfluente.



Per chi andasse nel panico di fronte a qualsiasi formula matematica, ricordo infine che esistono dei software, che permettono di valutare comodamente il COI inserendo semplicemente i pedigree dei cani interessati sul proprio PC.



2) L’AVK o ALC (Ancestor Loss Coefficient o Coefficiente di perdita dagli antenati):

è il valore in percentuale calcolato su 5 generazioni di un animale.

Questo ci dà la percentuale di presenza di un antenato in un pedigree – percentuale di antenati unici, in opposizione agli antenati ripetuti – e indica anche il grado con cui i caratteri recessivi vengono persi...

Se tutti gli antenati sono presenti una sola volta, l'ALC o AVK sarà uguale a 100%, e la perdita sarà minima.

Il valore dell’AVK è importante nella selezione perché riflette la ricchezza del patrimonio genetico di un individuo.

Di conseguenza più è alto il valore, meno consanguineità ci sarà negli antenati e quindi tanto più ricco e variegato sarà il patrimonio genetico, al contrario, tanto il valore sarà basso, tanto maggiore sarà l’impoverimento genetico.



E’ molto importante che tutti i cinofili conoscano e sappiano valutare il COI e AVK e abbiano chiaro che dove c’è un COI alto e una bassa AVK, ci si trova di fronte ai pericoli derivanti da un’ eccessiva riduzione di variabilità genetica, e questa riduzione, sul lungo periodo, è di grave danno per tutti i cani. Un alto COI congiunto ad una bassa AVK è un indice del rischio, per il singolo individuo, di essere portatore non solo di caratteristiche estetiche positive, ma anche di malattie ereditarie che non sono sempre evidenti alla nascita.


Un’ ultima considerazione: l’allevamento di cani ha risvolti sia etici che giuridici. Se da una parte è vero che non c’è una legge che impedisce a chiunque di allevare cani, le leggi attuali possono anche essere intese ad evitare che accoppiamenti scriteriati portino per la prole un rischio più elevato di malattie o comunque a limitazioni della qualità della vita. Le leggi a tutela dei consumatori possono essere fatte valere anche in questo caso. Sotto il profilo etico di allevamento, valgano quantomeno le regole poste dagli Enti cinofili nazionali e internazionali e dai club di razza.



Fonti:

Articolo di Valeria Rossi con partecipazione di Irish Wolfhound Italia http://www.tipresentoilcane.com/2012/10/11/i-coefficienti-di-consanguineita-spiegati-in-modo-semplice/

Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti dell'Istituto Giovanni Treccani https://www.treccani.it/


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