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Principali Patologie

Displasia dell'anca e del gomito: patologia che interessa le articolazioni delle zampe. Rilevabile e certificabile tramite lastra ufficiale dopo i 12 mesi di età del cane. Cani con displasia livello "A" (esente) e "B"( lieve) sono considerati nella norma quindi possono essere riprodotti. Cani con displasia livello "C" possono essere riprodotti solo con cani di livello "A", possibilmente previo studio della situazione displasica di ascendenti, discendenti e collaterali.
Mielopatia Degenerativa (DM): malattia genetica potenzialmente mortale ed incurabile. Prima di far riprodurre un soggetto è indispensabile far eseguire un test genetico, al fine di evitare accoppiamenti tra cani portatori. Il test è eseguibile fin dai primi mesi di vita del cucciolo e viene eseguito una sola volta nella vita.
Nanismo Ipofisario (DWARF): malattia genetica potenzialmente mortale ed incurabile. Prima di far riprodurre un soggetto è indispensabile far eseguire un test genetico, al fine di evitare accoppiamenti tra cani portatori. Il test è eseguibile fin dai primi mesi di vita del cucciolo e viene eseguito una sola volta nella vita.
Atrofia Progressiva della Retina (PRA): oculopatia non curabile. Si può sviluppare in qualsiasi momento della vita del cane anche se gli esami precedenti hanno dato esisto negativo. Pertanto l'esame oculistico deve essere ripetuto ogni qual volta si utilizzi il cane in riproduzione entro i 12 mesi antecedenti alla data della monta. Cani che ad uno degli esami venissero riscontrati affetti devono essere tolti dai programmi di riproduzione.
Cataratta: oculopatia non curabile. Si può sviluppare in qualsiasi momento della vita del cane anche se gli esami precedenti hanno dato esisto negativo. Pertanto l'esame oculistico deve essere ripetuto ogni qual volta si utilizzi il cane in riproduzione entro i 12 mesi antecedenti alla data della monta. Cani che ad uno degli esami venissero riscontrati affetti devono essere tolti dai programmi di riproduzione.
Epilessia: malattia non riscontrabile tramite esami. I soggetti che ne manifestassero i sintomi devono essere segnalati all'allevatore e all'Associazione di Tutela. Non deve essere fatto l'accoppiamento di due cani che entrambi abbiano in linea di sangue un episodio di epilessia più vicino di tre generazioni. I soggetti affetti da epilessia devono essere tolti dai programmi di riproduzione.
Miosite Masticatoria (MMM): malattia non riscontrabile tramite esami. I soggetti che ne manifestassero i sintomi devono essere segnalati all'allevatore e all'Associazione di Tutela. I soggetti affetti da miosite devono essere tolti dai programmi di riproduzione.

Nanismo Ipofisario

La ghiandola pituitaria o ipòfisi è una ghiandola alla base del cervello che produce ormoni.
Questa ghiandola delle dimensioni di un pisello consta di tre parti: l'ipofisi anteriore, il lobo intermedio e l'ipofisi posteriore. L'ipofisi anteriore sintetizza e secerne sei ormoni, necessari per numerose funzioni corporee come la crescita, la riproduzione, l'allattamento, il metabolismo e la gestione dello stress. Qesti 6 ormoni sono:
• Ormone della crescita (growth ormone) GH, essenziale per la crescita
• Ormone tiroide-stimolante TSH, regola le funzioni della tiroide
• Prolactina PRL, regola le funzioni dell'allattamento
• Ormone follicolo-stimolante FSH e ormone luteinizzante LH, essenziali per l'ovulazione
nelle femmine e per la produzione di sperma nei maschi
• Ormone adrenocorticotropo ACTH, stimola la corteccia surrenale

Ogni difetto nello sviluppo della ghiandola pituitaria si traduce nella non produzione di uno o più ormoni pituitari. Nei cani il deficit congenito dell'ormone GH o Nanismo Ipofisario, è l'esempio più evidente di difetti nello sviluppo dell' ipòfisi. Questo disturbo ereditario recessivo è riscontrato con maggiore frequenza nei Pastori Tedeschi ed è stato osservato anche nel Cane Lupo di Saarloos. Il difetto genetico che causa una deficienza congenita di GH nel Pastore Tedesco è lo stesso anche nel Cane Lupo di Saarloos poichè disturbo in quest'ultima razza è comparso dopo che il Pastore Tedesco è stato utilizzato nella riproduzione dei Cani Lupo di Saarloos.
Esemplari affetti da Nanismo Ipofisario di Pastore Tedesco e di Cane Lupo di Saarloos presentano una deficienza combinata degli ormoni GH, TSH, PRL e genadotropine. Invece la secrezione di ACTH è nella norma.
I cani portatori del gene mutato che causa il Nanismo Ipofisario non presentano sintomi e appaiono esattamente uguali ai cani non portatori. Dal momento che il Nanismo Ipofisario è un disordine recessivo di un singolo gene, la nascita di un esemplare malato indica che entrambe i genitori sono portatori del gene mutato.
Nella stessa cucciolata i cani malati sono significativamente più piccoli dei loro fratelli sani, mantenendo comunque le proporzioni corrette. Un' altra manifestazione clinica del nanismo è che gli esemplari malati non sviluppano il pelo da adulto, col tempo perderanno il pelo da cucciolo e svilupperanno l'alopecia. Il ritardo nella crescita e l'anomalia nel pelo diventano molto evidenti attorno al secondo e terzo mese d'età. Il pelo viene perso facilmente e dove manca la pelle comincia a diventare squamosa e iperpigmentata rendendo la pelle di colore scuro. Inoltre, a causa delle scarse
difese immunitarie locali della pelle, gli esemplari malati sono soggetti a numerose infezioni batteriche cutanee.
I segni clinici della malattia non si limitano all'aspetto esteriore del cane. L'esemplare malato soffre di un ampio spettro di manifestazioni cliniche ben peggiori dell'alopecia o delle infezioni cutanee. Per esempio la carenza dell'ormone GH ha come effetto il sottosviluppo renale, causando danni cronici ai reni. Allo stesso modo la carenza di TSH produce una scarsa attività della ghiandola tiroidea rendendo l'animale lento e poco attivo. La carenza di gonadotropine si traduce in una non discesa di uno o entrambe i testicoli nel maschio (criptorchidismo). Le femmine invece riescono ad andare in calore ma non ad ovulare. Si può quindi convenire che il Nanismo Ipofisario sia una malattia con effetti molto gravi. Anche se l'apparenza esteriore dell'esemplare malato porta ad una diagnosi ovvia, la diagnosi finale dovrebbe basarsi sulle “prove di simulazione ipofisaria”. Questi test sono in grado di rilevare in che misura vi sia carenza o deficit degli ormoni GH, TSH, PRL,LH, FSH. La logica vorrebbe che il cane malato fosse curato con ormoni GH canini e ormoni tiroidei.
Curare l'animale con ormoni tiroidei è semplice, ma non è possibile somministrare GH canini dal momento che non sono disponibili per uso terapeutico. Tuttavia la ricerca ha dimostrato che I GH suini sono identici ai GH canini, rendendoli una buona alternativa per il trattamento della malattia. Senza cure appropriate, la prognosi a lungo termine è scarsa. Molti esemplari affetti da nanismo ipofisario non vivono più di quattro o cinque anni. Alcuni raggiungono anche età più avanzata, probabilmente perchè in alcuni casi la ghiandola pituitaria produce ancora un piccolo quantitativo di ormoni. Anche se la prognosi migliora in maniera significativa quando l'esemplare viene curato, rimane comunque sempre una prognosi riservata. Dovrebbe essere quindi chiaro che la nascita di animali affetti da questa grave malattia andrebbe evitata. A questo scopo non bisognerebbe lasciare accoppiare due cani portatori. Il problema è che non si possono distinguere dall'apparenza esteriore i cani portatori da quelli non portatori. Per distinguerli è necessario fare un Test genetico. Dopo anni di intensiva ricerca presso il Dipartimento delle Scienze Cliniche degli Animali da Compagnia dell'Università di Utrecht questo test è ora possibile!Se questo test fosse fatto su tutti i
soggetti riproduttori, il Nanismo Ipofisario verrebbe completamente eliminato sia nel Pastore Tedesco che nel Cane Lupo di Saarloos.
Potrebbe sembrare che il test non abbia una grande importanza dal momento che la malattia si presenta solo occasionalmente. Tuttavia si dovrebbe tenere a mente che molti esemplari malati di Nanismo Ipofisario muoiono nell'utero o subito dopo la nascita. E' necessario anche essere informati del fatto che se anche solo l' 1% dei cani fosse malato, ci sarebbe il 18% della popolazione della stessa razza che è portatore della mutazione. Questo vuol dire che il numero dei portatori è e diventerà più alto di quello che comunemente si pensa. Nel momento in cui due portatori venissero fatti accoppiare, una media del 25% della loro progenie nascerebbe
malata e metà dei fratelli sarebbe portatrice della malattia. Per il test genetico sono necessari 4ml. di sangue, raccolti in una provetta con EDTA.
In breve, il Nanismo Ipofisario è una malattia seria e incurabile, la cui incidenza è molto sottostimata. La buona notizia è che esiste un test genetico per individuare i cani portatori della mutazione. Se tutti i riproduttori fossero testati (basta una volta), e fosse applicata una corretta politica di allevamento, questa grave malattia potrebbe essere completamente eliminata.



Fonti: Annemarie Voorbij e Hans Kooistra
          Dipartimento delle Scienze Cliniche degli Animali da Compagnia
          Facoltà di Medicina Veterinaria, Utrecht University
          Utrecht, Olanda

Mielopatia Degenerativa

La Mielopatia Degenerativa (DM) è una grave patologia che colpisce il midollo spinale, descritta per la prima volta nel Pastore Tedesco nel 1973, nel tempo è anche stata denominata “mielopatia degenerativa del Pastore Tedesco”, “mielopatia progressiva” e “radicolomielopatia cronica degenerativa”. Da allora, molto è stato fatto per capire i processi coinvolti in questa malattia e nel suo trattamento. Gli studi eseguiti negli anni successivi hanno evidenziato che molte razze canine sono soggette alla DM e in particolar modo i cani di taglia grande. Nel pastore tedesco sembra esserci una particolare predisposizione ed è in questa razza, e nei suoi incroci, che sono stati condotti la maggior parte degli studi. Questa malattia colpisce solitamente cani di età compresa tra i 5 e i 14 anni ma è stata diagnosticata anche in animali più giovani con una certa frequenza e non mostra predilezione di sesso.


Eziopatogenesi: Non si conosce ancora esattamente la causa della malattia. Molti studi sono stati fatti e molti sono in corso d’opera, tante nuove informazioni sono oggi disponibili e altre dovranno ancora venire per poter dichiarare esaustiva la conoscenza su questa terribile malattia. Per molto tempo si sono ritenute plausibili come cause imputabili, alcune carenze nutrizionali, in quanto in alcuni soggetti è possibile riscontrare fenomeni di male assorbimento, carenze di vitamine B12 e vitamina E. Negli anni, vari studi sono stati condotti su questi aspetti ma al giorno d’oggi sono stati esclusi dalle possibili cause scatenanti. Un’altra ipotesi che ha goduto nel tempo di un alto tasso di credibilità è quella secondo cui la causa sia imputabile a meccanismi degenerativi immuno-mediati ovvero che le lesioni tipiche della DM siano dovute all’attivazione autoimmune di popolazioni di linfociti che attaccano il tessuto nervoso danneggiandolo. Si sospettava che tale squilibrio potesse trovare origine in una generale carenza immunitaria, non a caso la razza più colpita, il Pastore Tedesco, è il classico cane con sistema immunitario carente, predisposto ad allergie ed intolleranze alimentari. Parallelamente alle ricerche sull’ipotesi di processo immuno-immediato, per la correlazione già esistente in ambito umano rispetto alla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), si è supposto che potesse esserci anche una componente genetico/ereditario. Una ricercatrice americana dell’Università Missouri-Columbia, Joan Coates, con un nutrito pool di ricercatori, mise in opera diversi studi comparati sulla genealogia di un campione di cani malati, rilevando un ipotetico filo conduttore tra i cani malati e le loro parentele. Partendo dallo studio del gene SOD1 responsabile della SLA nell’uomo, considerando le analogie con la DM canina, si è proceduto ad uno scrupoloso esame di scansione del genoma di un campione di razza Corgi Pembrok. Applicando la tecnica detta “Studio di Associazione Genetica Multipla” (Genome-Wide Association, GWA), atta a identificare marcatori genetici che variano sistematicamente tra due gruppi di individui (malati e sani) fu scoperto che nella regione CFA31, tutti i cani malati erano omozigoti ad una versione mutata del gene SOD1, già responsabile nell’uomo della SLA, disturbo per certi versi simile alla DM. Approfondite indagini di riscontro con le più sofisticate tecnologie furono messe in opera sull’intero campione di 55 soggetti dando esito coerente e corrispondente alla controparte diagnostica e genealogica della ricerca, potendo pubblicare la scoperta di questo gene recessivo il cui comportamento risulta direttamente collegato allo sviluppo dei sintomi della malattia. Dopo questo primo riscontro venne messa in atto una verifica in altri campioni di soggetti di altre razze colpite, quali Pastore Tedesco, Boxer, Howavart ed altre. Il riscontro positivo permise l’annuncio della messa a punto di un test genetico sulla sequenza del DNA (PCR) per rilevare la presenza del gene nella sua forma mutata. Sulla base di queste osservazioni si ritiene quindi che la Mielopatia Degenerativa sia una malattia ereditaria determinata dalla mutazione del gene SOD1.


Neuropatogenesi: Gli esami istologici condotti negli anni di ricerca permettono di affermare che la causa della malattia è la degenerazione della materia bianca del midollo spinale. Attraverso la materia bianca normalmente , composta da Assoni rivestiti di Melanina, avviene la trasmissione degli impulsi sensoriali dagli arti al cervello e di conseguenza la trasmissione dal cervello agli arti degli impulsi motori volontari e involontari. Nei soggetti affetti da DM, l’esame istologico evidenzia delle lesioni bilaterali e generalmente asimmetriche della materia bianca lungo tutto il midollo spinale con maggiore incidenza nel tratto posteriore. Queste lesioni interessano sia i fasci ascendenti che discendenti, ovvero sia quelli che trasmettono gli stimoli sensoriali dagli arti al cervello, che quelli che trasmettono gli stimoli motori dal cervello agli arti. Queste lesioni sono caratterizzate nella DM da una frammentazione e scomparsa dell’assone e da una alterazione della guaina (Melanina) che si presenta rigonfia e spezzettata.


Sintomatologia: La DM, se conclamata, colpisce con una progressiva ed irreversibile interruzione degli stimoli nervosi dagli arti al cervello e viceversa provocando la totale progressiva incapacità deambulatoria dell’animale, fino ad arrivare alla completa paralisi prima degli arti inferiori e poi via via a quelli superiori sino a che il cane non riesce più ad allargare i polmoni per la respirazione. Prima di arrivare alla morte naturale ovviamente si procede alla inevitabile eutanasia. Una caratteristica della malattia è il fatto che non riesca ad essere definita una data vera e propria di esordio della sintomatologia. Il decorso della malattia da quando sono stati riscontrati i primi sintomi viene quantificato in un periodo compreso tra 6 e 36 mesi ma generalmente si ricorre all’eutanasia entro 12 mesi. I sintomi compaiono come una lieve debolezza del treno posteriore che spesso venivano attribuite ad una delle tante patologie di origine ortopedico e neurologico che interessano il treno posteriore, quali displasia, cauda equina e varie sindromi da compressione spinale di origine traumatico o tumorale. Queste iniziali disfunzioni testimoniano un disturbo delle funzioni propriocettive (la propriocezione rappresenta la capacità del sistema nervoso di percepire la posizione del corpo e delle sue parti nonché della contrazione muscolare e del movimento nello spazio dei diversi distretti corporei (cinestesia) anche senza l'apporto della visita, tali disturbi si manifestano tramite ritardo nell’iniziare un movimento, consumo eccessivo delle unghie, dismetria degli arti posteriori e dorso flessione spontanea del piede. Si possono evidenziare una difficoltà da parte del treno posteriore a mantenere il peso, che si manifesta in posture statiche con abnormi allargamenti, o restringimento degli arti. In movimento si manifestano poi circumduzione e incrociamento degli arti posteriori. La sintomatologia evolve fino ad una vera e propria atassia del tronco accompagnata da evidenti segni di paresi e incapacità di sostenere il proprio peso quando l’arto è appoggiato a terra. Nella fase terminale si arriva alla totale incapacità di deambulazione e totale atrofia muscolare. Il cane colpito da DM non mostra in nessuna fase di percepire dolore. La regolazione degli sfinteri inizia a non essere più di completa padronanza quando si è vicini alla completa paralisi degli arti inferiori.


Protocollo diagnostico: Molti anni di studi e ricerche hanno permesso di individuare delle peculiari sintomatologie esordienti e quindi un protocollo diagnostico accurato. Si procede con un esame dell'andatura attraverso il quale si possono riscontrare delle diverse anomalie che possono essere riconducibili ad un problema ortopedico, neurologico o di costruzione morfologica. I problemi ortopedici sono facilmente riconoscibili da movimenti antalgici (che hanno lo scopo di lenire il dolore riducendo il peso sull'arto interessato), quindi i classici problemi di zoppia, siano essi dovuti a traumi più o meno gravi, displasia o altre cause. I problemi neurologici all'esame dell'andatura si manifestano con atassia (deficit più o meno gravi di coordinazioni), paresi (diminuzione della motilità volontaria) o paralisi (perdita totale della funzione motoria) che possono interessare uno o più arti. Uno dei maggiori indicatori di problemi neurologici e quindi anche della Mielopatia Degenerativa si ottiene dall'esame delle funzioni propriocettive. L'esame avviene compiendo una dorsoflessione forzata del piede posteriore e si esamina la velocità della funzione propriocettiva nel riposizionarlo al suo stato naturale. Se il piede rimane nella posizione forzata vuol dire che c'è una netta interruzione nel sistema nervoso (ascendente e discendente) e si può diagnosticare un problema neurologico a carico della zona tronco-lombare.


Nel caso in cui vi sia un evidente deficit neurologico a causare i problemi di andatura e in presenza dei sintomi d’esordio che sospettano la DM, attraverso un protocollo diagnostico specialistico si procede con l’esclusione di ogni possibile causa diversa e con il riconoscimento di altri fattori tipici di questa malattia. Viene eseguito un esame sullo stato mentale del soggetto, che nel caso della DM si mantiene perfettamente nella norma; si esegue poi un esame dei nervi cranici e un esame di palpazione alla sensibilità che, nel caso di DM, riscontra una totale assenza di risposta al dolore. A questo punto è possibile affermare con certezza che esiste un problema neurologico che interessa la regione tronco-lombare. Un problema di questo tipo può avere cause diverse. Varie sindromi da compressione di origine traumatiche o provocate da tumori possono portare delle parziali o totali interruzioni nel flusso nervoso, per questo si procede a RX e Risonanza Magnetica. Qui la questione si complica, spesso i cani hanno un'età avanzata e alla Mielopatia si possono sovrapporre problemi dovuti appunti all'età o a vari traumi. Un'attenta analisi di queste compressione permette però di comprendere se esse siano di tale rilevanza da giustificare i problemi neurologici di deambulazione. Se all'esame di Risonanza non si riscontrano problemi che giustificano i sintomi allora la diagnosi per esclusione è completata e si parla con cognizione di causa di Mielopatia Degenerativa. L'esame istologico ha sempre confermato questo protocollo diagnostico


Il test genetico: La ricerca della dottoressa Joan Coates ha rilevato che tutti i soggetti malati possiedono il gene mutato DM come omozigote (DM/DM) e nessun cane che presenta il gene mutato come eterozigote (DM/n portatore sano) o nessun cane che presenta il gene sano come omozigote (n/n) hanno mai manifestato sintomi. Quello che manca è la certezza assoluta che un risultato DM/DM al test possa significare lo sviluppo certo della malattia, anche se la maggior parte dei cani così testati era ammalata in partenza o ha poi cominciato a manifestare i sintomi. Questa scoperta ha escluso la causa immunitaria, in quanto il SOD1 è un gene che regola la proteina che serve a proteggere la materia bianca del midollo spinale, e sembra che sia proprio la mancanza di questa funzione nel gene mutato e omozigote a determinare le lesioni neurologiche che sono alla base dei sintomi.

Quindi l’ipotesi di eziopatogenesi attualmente accreditata è quella di una predisposizione genetica ereditaria che viene innescata da un fattore scatenante (trigger), ancora sconosciuto. Nel dicembre del 2008 il PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences, USA) ha pubblicato un articolo, referenziato dalle più prestigiose unità di ricerca americane e non (Missouri/Columbia, Massachusetts Institut of Tecnology, Harvard, Uppsala Universitet, Svezia) che espone i criteri dello  studio fatto, e come si è giunti alla scoperta del gene e alla messa a punto del test. I maggiori centri di ricerca veterinari, tra i quali l’OFA, Università di Berna, Università di Bologna e di Milano a livello nazionale, hanno inserito nei loro protocolli diagnostici e di ricerca questo test. Tuttavia la scoperta è relativamente recente e non esistono ancora approfondite pubblicazioni veterinarie sulla Mielopatia Degenerativa aggiornate con queste nuove conoscenze, tanto che molti ambienti veterinari non specialisti ancora ignorano il grande passo avanti compiuto nel campo di questa grave patologia. Nel meeting sulla Mielopatia Degenerativa tenutosi il 19 Giugno 2011 organizzato dal GALC - Associazione amatoriale del Cane Lupo Cecoslovacco, il Prof. Gualtiero Gandini riportando gli ultimi report provenienti dall’Università del Missouri, ha potuto confermare che ora è possibile affermare con certezza che alcuni cani geneticamente predisposti (DM/DM) sono morti in età molto avanzata senza manifestare i sintomi della malattia. I ricercatori non si esprimono su eventuali stime di incidenza del disturbo nella popolazione predisposta. Altro fattore di alto interesse è dato dal fatto che spesso si sono notate delle familiarità, ovvero delle più alte incidenze di manifestazione dei sintomi in soggetti predisposti, strettamente imparentati. La nuova certezza porta a definire adesso, l’allele mutato del SOD1 come un gene autosomico recessivo a penetrazione incompleta, e non più un semplice gene recessivo, nel cui caso l’omozigosi per l’allele mutato dovrebbe manifestare sempre, presto o tardi, i sintomi del disturbo.

La posizione dei ricercatori dell’Università Missouri/Columbia del 2009:

“L'allele DM è molto comune in alcune razze. In queste razze un programma di allevamento eccessivamente aggressivo per eliminare i cani DM/DM e DM / n, potrebbe essere devastante per la razza nel suo complesso perché eliminerebbe una buona parte dei cani di alta qualità che normalmente contribuiscono alle caratteristiche desiderabili della razza. Tuttavia la DM dovrebbe essere presa sul serio. Si tratta di una malattia mortale con conseguenze devastanti per i cani e un'esperienza molto spiacevole per i proprietari che si prendono cura di loro. Un approccio realistico nel selezionare per l'allevamento potrebbe essere quella di considerare i cani con l'allele DM/DM o DM/n come se avessero un difetto, come una pessima linea dorsale o andatura imperfetta sarebbero considerati difetti. Il cane DM/DM deve essere considerato con un difetto peggiore di quello che risulta DM/ n. I selezionatori del campo cinofilo potrebbero continuare a fare ciò che gli allevatori zootecnici di coscienza hanno sempre fatto: basando le selezioni per l'allevamento alla luce di tutti i punti di merito dei cani e di tutti i loro difetti. Con questo approccio per molte generazioni, si dovrebbe ridurre in modo sostanziale la presenza della DM, pur continuando a mantenere e migliorare quelle qualità che hanno contribuito alle diverse razze canine. Riassunto: Si consiglia di allevatori di cani prendere in considerazione i risultati dei test di DM per pianificare i loro programmi di allevamento, tuttavia, essi non dovrebbero enfatizzare questo risultato del test. Invece, il risultato del test è un fattore tra i tanti in un programma di allevamento equilibrato.”


Trasmissione del gene mutato:

Questi sono i semplici meccanismi genetici secondo cui un gene recessivo come quello della Mielopatia Degenerativa si trasmette:

n = gene sano dominante

DM= gene mutato recessivo (autosomico a penetrazione incompleta) della Mielopatia Degenerativa.

I primi 3 esempi riportati rappresentato gli accoppiamenti sicuri che si possono effettuare includendo tutti i tipi di corredo genetico (n/n; n/DM; DM/DM)


Accoppiamento di due cani sani(n/n)


              Padre

                      N        N

             N     n/n       n/n

Madre  N     n/n      n/n

Non vi l è a possibilità che nascano cuccioli portatori sani o cuccioli malati. Nasceranno cuccioli (n/n) non predisposti e non portatori.


Accoppiamento di un cane sano (N/N) con un cane portatore sano (N/DM):


          Padre

                     N         DM

             N     n/n       n/DM

Madre  N     n/n      n/DM

Ogni cucciolo ha il 50% di possibilità di nascere completamente privo del gene della Mielopatia Degenerativa, quindi sano (n/n), e il 50% di possibilità di essere portatore sano (n/DM)


Accoppiamento di un cane sano (N/N) con un cane malato (DM/DM): 


          Padre

                     DM           DM

             N     n/DM       n/DM

Madre  N     n/DM       n/DM

Tutti i cuccioli nasceranno portatori sani (n/DM) della Mielopatia Degenerativa.


I tre esempi seguenti rappresentano gli accoppiamenti a rischio di generare soggetti predisposti alla Mielopatia Degenerativa


Accoppiamento di un portatore sano (N/DM) con un portatore sano (N/DM):


              Padre 

                         n             DM

             n         n/n           n/DM

Madre  DM      n/DM       DM/DM     

Ogni cucciolo ha il 25% di probabilità di nascere completamente privo del gene della Mielopatia Degenerativa (n/n), il 50% di probabilità di nascere portatore sano (n/DM) della Mielopatia Degenerativa ed il 25% di probabilità di nascere con entrambe i geni della Mielopatia (DM/DM) e quindi predisposto e ad alto rischio di sviluppare la malattia.

Accoppiamento di un portatore sano (N/DM) con un cane malato (DM/DM):


           Padre

                        DM           DM

            N        n/DM       DM/DM

Madre  DM     n/DM       DM/DM

Ogni cucciolo ha il 50% di probabilità di nascere portatore sano (n/DM) ed il 50% di probabilità di nascere con entrambe i geni della Mielopatia Degenerativa (DM/DM) predisposti e ad alto rischio di sviluppare la malattia.

Accoppiamento di due cani malati (DM/DM):



            Padre

                          DM            DM

            DM     DM/DM       DM/DM

Madre  DM     DM/DM       DM/DM    

Ogni cucciolo nascerà con entrambe i geni della Mielopatia Degenerativa (DM/DM), tutti predisposti e ad alto rischio di sviluppare la malattia


FONTI:

ARTICOLO DI ALESSIO CAMATTA: http://www.clubcanelupocecoslovacco.it/joomla/CARTELLA%20SERVER%20RICCAR...

PUBBLICAZIONE PNAS: http://www.pnas.org/content/106/8/2794.fullVersione pdf: http://www.pnas.org/content/106/8/2794.full.pdf

OFA:http://www.offa.org/dnatesting/index.html

UNIVERSITA’ MISSORI-COLUMBIA:

http://www.caninegeneticdiseases.net/DM/ancmntDM.htm

http://vet.sagepub.com/content/46/2/241.full.pdf+html

http://www.caninegeneticdiseases.net/DM/testDM.htm

UNIVERSITA’ DI BOLOGNA:

http://neurologia.vet.unibo.it/c04/t11/MD.pdf

http://neurologia.vet.unibo.it/c04/t11/lezione.pdf

Atrofia Progressiva della Retina (PRA)

La retina è una struttura che ricopre la superficie interna della porzione posteriore del globo oculare, la cui funzione principale è quella di ricevere stimoli luminosi e di trasmetterli attraverso vie neurologiche alla corteccia visiva che elabora tali impulsi trasformandoli in immagini.


Questo è possibile grazie alla presenza dei fotorecettori (coni e bastoncelli) i quali sono in grado di recepire la luce e trasformarla in impulso elettrico. La retina può andare incontro a diversi processi patologici tra i quali distacchi retinici, retiniti e forme degenerative.


Tra queste ultime l’Atrofia Progressiva della Retina (PRA) occupa uno spazio rilevante. Atrofia è una definizione che comprende un vasto gruppo di malattie degenerative. In molti animali, la PRA progredisce lentamente ed i primi segni possono non essere percepiti.


La graduale perdita della vista avviene come quando una tenda oscura lentamente la luminosità in un ambiente. Se la luce diminuisce dolcemente i nostri occhi si adattano e solo quando arriva il buio si ha la totale cecità.


La PRA è una malattia ereditaria quindi trasmissibile geneticamente e i soggetti a cui viene diagnosticata non dovrebbero accoppiarsi per impedire la diffusione della patologia e colpire altri membri della razza.

Sintomatologia clinica
Iniziale diminuzione della vista in ambienti con scarsa luminosità fino alla completa cecità al buio. In un secondo momento a seconda della gravità si presenta con difficoltà a vedere oggetti in movimento e conseguente progressiva perdita della vista anche in ambienti luminosi. Potreste accorgervi che il vostro cane non vuole piu’ camminare al buio e che si perde anche in casa ma soprattutto negli ambienti sconosciuti.


Spesso ci si rende conto del disturbo visivo solo quando avvengono cambiamenti in ambienti domestici per esempio nell’arredamento. La diagnosi viene fatta attraverso una visita oftalmologica approfondita dove grazie all’Oftalmoscopio si evidenziano tipiche lesioni, caratteristiche di tale patologia.


E’ fondamentale differenziare la PRA da altri disordini oculari a carico della retina e del nervo ottico perchè vi sono malattie che possono essere curate purchè diagnosticate velocemente.


La PRA di solito colpisce entrambi gli occhi e cani di diversa età a seconda della razza. Certe variazioni fisiologiche non permettono a volte di diagnosticare in tempo la PRA fino a quando la malattia è ad uno stato avanzato.


Tuttavia è possibile fare delle diagnosi precoci e definitive attraverso l’elettroretinografia (ERG). Tale test è un esame non invasivo che misura gli impulsi elettrici che si generano e si propagano all’interno della retina. Tale è la sensibilità di questo esame che è possibile far diagnosi prima che si manifestino i segni clinici.


Cio’ è importante soprattutto per evitare che cani portatori della patologia siano utilizzati come riproduttori. Esistono anche test genetici per alcune tipologie di PRA in diverse razze che permettono di individuare cani che non manifestano la patologia ma che possono trasmetterla. La PRA non è una malattia dolorosa.


La perdita del Visus avviene lentamente e i nostri compagni hanno il tempo di adattarsi ai cambiamenti. Organi di senso come olfatto e udito gli permettono di recuperare sicurezza e disinvoltura. Cio’ nonostante il nostro compito è quello di aiutarli a mantenere una certa qualità di vita. Purtroppo attualmente non esistono cure per questa patologia ma sono in corso molti studi.

Cenni di genetica
La PRA da un punto di vista genetico è una malattia autosomica (non è legata al sesso) e recessiva. In una malattia genetica recessiva la comparsa della manifestazione clinica avviene quando la mutazione causale è presente su entrambi i cromosomi omologhi (omozigosi).

Ciò significa che si possono distinguere 3 diverse possibilità:


1. SANO: l’animale non presenta la mutazione in nessuno dei 2 cromosomi omologhi


2. AFFETTO: l’animale presenta la mutazione in entrambi i cromosomi omologhi


3. PORTATORE (carrier): l’animale è clinicamente sano e presenta la mutazione in uno solo dei 2 cromosomi omologhi. Lo stato di portatore è il più “problematico” perché nonostante sia clinicamente sano può generare prole malata se incrociato con un altro individuo portatore.


Recentemente è stato scoperto che la mutazione genetica responsabile di PRCD consiste in una mutazione puntiforme (di una singola base nucleotidica) presente sul cromosoma 9 (CFA09) in cui al posto di una base nucleotidica G è presente una base nucleotidica A. L’analisi PRA è eseguita sul DNA genomico, che può essere estratto da numerose matrici come ad esempio il sangue o il pelo. L’analisi consiste nella valutazione della sequenza nella regione di interesse dopo avere opportunamente preparato il campione.


Da un punto di vista pratico, la conoscenza dello “stato genetico” degli animali è assolutamente necessaria per l’allevatore, sia per eliminare con il tempo la malattia nelle future generazioni, sia perché tutti gli animali possono essere impiegati nei piani di accoppiamento purché opportunamente programmati.

In termini di probabilità genetica:
da 2 animali geneticamente sani sarà generata solo prole sana


da 2 animali carrier, ci sarà una probabilità del 50% di generare prole carrier, un 25% di generare prole sana e un 25% di generare prole malata


da 2 animali malati sarà generata solo prole malata

Più complessa è la situazione che si viene a delineare dall’incrocio di animali con genotipo tra loro differente. Per semplificare e parlare in termini pratici, è chiaro che un animale carrier incrociato con uno sano non avrà alcuna possibilità di generare prole malata; così come incrociando un affetto con un sano. Da un carrier X un sano ci sarà un 50% di probabilità che la prole sia sana e 50% che sia carrier, potremo così continuare ad allevare con la progenie sana, mentre da un affetto X un sano tutta la prole sarà carrier. Ovviamente, per evitare di generare prole affetta non si dovrà mai incrociare un soggetto carrier con uno affetto.


Di conseguenza, da ciò si evince perché sia così importante il riconoscimento del genotipo, dal momento che consente di potere impiegare tutti gli animali dell’allevamento senza originare cani malati.


E’ importante ribadire ulteriormente che riconoscere lo stato di portatore è fondamentale per programmare i piani di accoppiamento; in questo modo all’interno di un allevamento anche un animale portatore può essere utilizzato purché sia accoppiato con un animale sano. Analogamente, la diagnosi precoce dei soggetti malati eviterà di utilizzare in modo non oculato animali, che sono geneticamente malati, ma clinicamente ancora sani (la PRA si può manifestare tardivamente) nei piani di accoppiamento.


Con il tempo, sarà poi compito e volontà dell’allevatore quello di volere eradicare la malattia dal suo allevamento. Infatti l’incrocio consapevole consentirà di evitare la generazione di animali malati, con una notevole riduzione dell’incidenza nell’allevamento dell’allele mutato; successivamente, la progressiva e definitiva eradicazione della malattia si otterrà con l’accoppiamento sempre più mirato utilizzando animali sani, che a quel punto saranno sempre di più nell’allevamento.


Possiamo perciò affermare che la PRA si può combattere e che la conoscenza è l’arma per ottenere questo obiettivo.

Fonti: www.visionvet.it
Dott. Vet. Maria Elena Turba – Laboratorio Veterinario Torinese

Miosite Infiammatoria (MMM)

La miosite è un'affezione infiammatoria dei muscoli. Può essere una condizione grave e dolorosa e probabilmente un indicatore precoce di una possibile patologia sottostante.
Questo tipo di patologia muscolare (miopatia) rappresenta un gruppo di patologie diverse caratterizzate dalla presenza di cellule infiammatorie nei muscoli.

La miosite può colpire:
- Un solo muscolo
- Gruppi di muscoli. Per esempio: i muscoli masticatori localizzati nella parte superiore e laterale della testa (miosite dei muscoli masticatori) o i muscoli deputati al movimento del bulbo oculare (miosite dei muscoli extra-oculari) oppure tutti i muscoli corporei (polimiosite, dermatomiosite e miopatia necrotizzante)

Cause

La flogosi (infiammazione) muscolare può essere dovuta a:
- Risposta dell'organismo ad un agente infettivo (parassita o virus) presente all'interno del muscolo (miosite infettiva).


- Abnorme reazione del sistema immunitario diretta contro il muscolo (miosite immunomediata). Nella miosite masticatoria, l'organismo produce anticorpi che attaccano porzioni muscolari presenti solamente nei muscoli masticatori. Il motivo di tale reazione da parte del sistema immunitario è sconosciuto.


- La miosite può anche essere associata a neoplasia. L'infiammazione sviluppatasi può trasformarsi nel tempo in neoplasia (alterazione precancerosa) oppure un tumore presente in altre sedi corporee può innescare una reazione di natura immunitaria verso il muscolo (effetto paracanceroso).

Segni e sintomi 

I  segni causati dalla miosite possono variare in modo significativo a seconda dei muscoli colpiti. 


La miosite dei muscoli masticatori inizialmente causa gonfiore a carico dei muscoli localizzati nella parte superiore della testa. Successivamente, una o due settimane dopo, insorge una progressiva atrofia muscolare. Il cane di solito presenta difficoltà a muovere la mascella, sperimentando dolore e problemi nell'assunzione di cibo o acqua.


Col tempo, la miosite masticatoria inibisce completamente la mobilità mandibolare, impedendo al cane di aprire la bocca. Gli occhi dell'animale possono apparire infossati, a causa della contrazione dei muscoli localizzati dietro l'occhio. La miosite dei muscoli intorno all'occhio inizialmente causa la protrusione del bulbo oculare. E' possibile la presenza di gonfiore nella zona circostante l'occhio associata a deviazione del bulbo oculare e alterazioni della vista.


Il cane affetto da miosite generalizzata (polimiosite) presenta un'andatura rigida, dolore muscolare, debolezza e non è in grado di svolgere normalmente attività fisica. Le fasi iniziali della malattia sono caratterizzate da gonfiore muscolare generalizzato e successivamente da atrofia muscolare. Altri segni associati alla polimiosite includono rigurgito di acqua e cibo, difficoltà di deglutizione e talvolta problemi respiratori.


Alcune razze canine (Shetland Sheepdog, Australian Cattle Dog, Rough Collie) possono sperimentare una condizione denominatadermatomiosite, in cui si sviluppano lesioni cutanee associate ad atrofia muscolare, dolore o andatura anomala.

Diagnosi
La diagnosi di miosite può essere confermata dal prelievo e successivo esame di un campione di tessuto muscolare. I risultati mostreranno la presenza di cellule infiammatorie nel muscolo. La miosite dei muscoli masticatori può essere diagnosticata con un semplice esame del sangue che misura il livello di anticorpi diretti contro i muscoli masticatori (test per l'identificazione degli anticorpi 2M). Può essere necessaria l'esecuzione di altri test per eliminare un potenziale infettivo (esame del sangue) o per escludere la presenza di una neoplasia nel corpo del cane (radiografie/ecografie toraciche e addominali).

Terapia
In genere, il trattamento della miosite mira a contrastare l'iperattività del sistema immunitario mediante la somministrazione di farmaci detti immunosoppressori. Il trattamento principale di solito prevede dosaggi elevati di steroidi (prednisolone). In combinazione con gli steroidi, possono essere utilizzati altri farmaci immunosoppressivi (come azatioprina, citarabina, micofenolato, ciclosporina e ciclofosfamide). L'obiettivo terapeutico a breve termine è il ritorno alla normalità del cane utilizzando dosaggi elevati del farmaco prescelto. Quando la malattia è sotto controllo, il dosaggio viene gradualmente ridotto (nella speranza che non si presenti una recidiva). L'obiettivo terapeutico a lungo termine è di interrompere definitivamente la somministrazione di farmaci, sebbene questo in genere non sia possibile, rendendo necessaria la somministrazione continua di un basso dosaggio al fine di evitare il ripresentarsi dei sintomi.


Tutti i farmaci presentano effetti collaterali e gli immunosoppressori sono farmaci particolarmente potenti. Il rischio principale correlato all'impiego di questi farmaci è che il sistema immunitario venga soppresso in modo eccessivo, rendendo il cane maggiormente suscettibile alle infezioni.


Nei rari casi in cui la causa sottostante della miosite sia una neoplasia o un'infezione, la terapia dovrebbe mirare al trattamento di tali condizioni. Purtroppo, in questi casi la prognosi è alquanto riservata.


Le prospettive per i cani affetti da miosite sono in genere buone, sebbene siano necessarie diverse settimane per osservare un miglioramento. I corticosteroidi possono causare la perdita di massa muscolare e questo può far pensare ad un aggravamento della condizione, anche se in realtà la malattia è sotto controllo. Il veterinario provvederà a monitorare attentamente il cane durante l'intera durata del trattamento, per assicurasi che lo stato di salute dell'animale migliori e verificare che i farmaci non causino gravi effetti indesiderati.

Fonte: www.animaliinsalute.com

Cataratta

In linea generale la cataratta è una malattia dell’occhio che si manifesta con opacità e perdita di trasparenza del cristallino. Ciò provoca un deficit parziale o totale della vista, dipende da quanto è estesa e dalla sua localizzazione. Ci sono diversi modi per classificare la cataratta. Possiamo avere quella incipiente (non si vede quasi mai perché il proprietario non se ne accorge), quella immatura (c’è l’opacità, ma si riesce comunque a vedere il riflesso del fondo oculare), quella matura (opacità totale e assenza del riflesso del fondo oculare) e infine quella ipersatura (raggrinzimento del cristallino con diminuzione del suo volume). A volte si definisce la cataratta in base alla sua localizzazione ed ecco che avremo quella capsulare anteriore, la sottocapsulare anteriore, la nucleare anteriore e posteriore e via dicendo. Può essere primaria o secondaria a seconda che ci sia o meno una causa; fluida, dura, molle se ci basiamo sulla consistenza; stellata, puntata, cuneiforme e pulverulenta se guardiamo alla forma dell’opacità; congenita, neonatale, giovanile o senile se si valuta l’età di insorgenza.

Ed è proprio di queste ultime che parleremo:

 Cataratta congenita: può essere provocata da una predisposizione ereditaria genetica (il che significa che gli animali in cui si sospetta questa forma non devono essere fatti riprodurre), ma anche da malattie infettive o da sostanze tossiche a cui il feto viene esposto. Di solito la cataratta congenita si accompagna a macroftalmia, persistenza di strutture vascolari fetali (se persiste la membrana pupillare si ha opacità della camera anteriore, se persiste la tunica vascolare si ha opacità posteriore), lenticono.

Cataratta senile: causata dal normale processo di invecchiamento del cristallino, anche in queste si sospetta una base ereditaria. La degenerazione in questo caso è lenta e di solito l’evoluzione è verso la forma matura. Da non confondere con la nucleosclerosi del cristallino, processo di invecchiamento fisiologico che determina un aumento della densità della parte nucleare della lente (mentre nella cataratta senile si hanno delle strie opache che assomigliano un po’ ai raggi delle ruote) e un colore grigio della pupilla, non biancastro

Cataratta primaria: la si definisce così quando non c’è una causa scatenante della patologia. Spesso è su base ereditario-genetica, spesso recessiva e evolutiva, anche se lentamente

Cataratta secondaria: di solito si riconosce una causa scatenante, come un trauma, tossici (anche alcuni farmaci come amino glicosidi, disofenolo, diazossido, ketoconazolo, dimetilsulfossido), malattie metaboliche, carenze dietetiche o secondaria ad altre malattie dell’occhio come l’uveite, il glaucoma, la degenerazione retinica ereditaria (Pra) e la lussazione della lente. Da sottolineare la cataratta diabetica, quella da ipocalcemia e quella da ipercupremia. Spesso la si vede anche nei cuccioli alimentati con latte in polvere per carenza di arginina (inizia come una lesione brunastra e poi provoca opacità perinucleare bianca)
Prevenzione: Un apporto sufficiente di Luteina con la dieta può contribuire a ridurre il rischio di una degenerazione retinica e a migliorare lo stato di salute generale degli occhi. Il carotenoide viene assorbito durante il processo di digestione e trasportato dal sangue alla retina. Nell’occhio la luteina esplica la propria azione protettiva sui tessuti, intercettando, da un lato le sostanze nocive (come i radicali liberi) e assorbendo, dall’altro, i raggi UV dannosi della luce solare.

La carenza di luteina porta ad un aumento del rischio di sviluppo di un offuscamento del cristallino dell’occhio, la cosiddetta cataratta . Un apporto sufficiente di luteina con l’alimentazione, sotto forma di integratori alimentari, può contribuire ad una notevole riduzione del rischio di formazione di cataratta .

Diagnosi: avviene tramite la visita clinica e quella oculistica con strumentazione particolare. La cataratta può poi essere associata ad alcune complicanze: uveite facolitica (infiammazione cronica), uveite facoclastica (distacco della retina), lussazione del cristallino.

Terapia: fondamentalmente si ricorre alla chirurgia visto che la terapia medica non ha ancora raggiunto buoni risultati. Fermo restando alcuni capisaldi: prima di operare la cataratta bisogna valutare tramite retinografia che la retina funzioni correttamente altrimenti l'operazione chirurgica non avrebbe senso. Inoltre in caso di cataratta da diabete se non si riesce a controllare perfettamente la glicemia non ha senso operare perchè, al successivo sbalzo glicemico il cristallino si opacizzerebbe nuovamente. 

Prevenzione tramite luteina.

La luteina contribuisce:
a prevenire la degenerazione retinica
a prevenire la cataratta
a favorire la normale funzionalità e la salute dell’occhio
a proteggere contro i radicali liberi (antiossidanti) ostacolando in modo particolare la perossidazione dei lipidi
Se ingerita sotto forma di integratore alimentare, la Luteina dovrebbe essere assunta sempre durante i pasti poiché, essendo liposolubile, viene meglio assorbita con un pasto con la presenza di grassi. Nei nostri animali domestici specie nel cane l’insorgenza di cataratta sta interessando sempre piu’ animali giovani ,questo e’ dovuto ad un eccesso di inquinanti tossici ambientali ed alimentari che richiedono una maggiore integrazione di antiossidanti spesso carente nel cibo industriale .


La cataratta e’ l’espressione (oltre all’evoluzione senile del cristallino) e’ l’espressione di un’organismo intossicato con eccesso di radicali liberi, una visita oculistica con scadenza semestrale permette di anticipare il danno da ossidazione del cristallino e così di ritardare o impedire l’evoluzione della cataratta attraverso l’integrazione di antiossidanti e vitamine evitando l’esposizione diretta per lunghi periodi a raggi ultravioletti e riducendo al minimo applicazione di antiparassitari spot on o spray tossici, inoltre va ricordato che infiammazioni oculari cronicizzate e trascurate nel tempo possono alterare il liquido oculare all’interno dell’occhio (Umore Acqueo) modificando la struttura e il metabolismo del cristallino e quindi favorire i processi di ossidazione che portano all’opacizzazione del cristallino.

Displasia del gomito

Patologia, trattamenti, cause e prevenzione

Per Displasia del Gomito (ED Canine, Elbow Dysplasia) si intende un complesso di patologie che possono comparire congiuntamente o disgiuntamente nella stessa articolazione e si manifestano con un processo di osteoartrosi cronica.

Le prime menzioni a patologie riguardanti zoppie del cane riferibili al gomito risalgono agli anni 50’, ma uno studio e classificazione di questo complesso di patologie è molto recente. Risale al 1989 l’istituzione del IEWG (International Elbow Working Group), al 1990 il primo convegno in Europa (Vienna, World Small Animal Veterinary Association) che trattava della diagnosi per ED. Nel 2002 è stato ratificato nel Disciplinare ENCI per il controllo delle displasie anche l’esame per l’ED, e quindi è entrato in molti disciplinari ENCI per la riproduzione selezionata.


 Tutte le manifestazioni della Displasia del Gomito sono riconducibili ad una alterazione del ritmo di crescita e dell’incremento ponderale (peso) con conseguente crescita asincrona (in tempi diversi) del radio e dell’ulna che determina una incongruenza articolare che, come nel caso della Displasia dell’Anca, genera carichi e traumi a carico dei capi articolari e conseguenti alterazioni dei processi di ossificazione encondrale a carico di cartilagini di accrescimento e articolari e quindi l’instaurarsi di processi osteocondrosici  degenerativi.


 Le alterazioni patologiche primarie sono diverse, vediamo in dettaglio quelle codificate dalla IEWG:


 -UAP/mancata fusione del processo anconeo dell’ulna: alterazione dell’ossificazione endocondrale che si verifica a livello della crescita di radio ed ulna. Durante lo sviluppo scheletrico del cane si instaura un’asincronia di crescita tra i segmenti ossei di radio e ulna che provoca un’incongruenza a livello dell’articolazione (INC). Nella UAP si verifica una crescita maggiore del radio rispetto all’ulna determinando così una spinta sul condilo omerale che si riflette poi sul processo anconeo (parte finale dell’omero). Se questa pressione abnorme avviene prima che il processo anconeo si sia fuso con l’ulna, il processo può staccarsi a livello della sua fisi di accrescimento. La patologia viene classificata in 3 livelli (1°, 2°, 3° Stadio).

-OCD/Osteocondrite dissecante del condilo mediale dell’omero: consiste in un processo di osteocondrosi localizzato alla cartilagine articolare della superficie del condilo omerale mediale. La causa di tale alterazione è da attribuire ad un insieme di fattori sia genetici che ambientali quali :crescita rapida, alimentazione, squilibrio ormonale, che, provocando un ispessimento della cartilagine articolare con il distacco dall'osso sub-condrale, e la formazione di un lembo di cartilagine staccata.

-FCP/Frammentazione del processo coronoideo dell’ulna: consiste in un’alterazione dell’ossificazione endocondrale a carico del processo coronoideo mediale, in seguito ad una ’asincronia di crescita tra i segmenti ossei di radio e ulna provocando un’incongruenza a dell’articolazione del gomito. Si verifica così una distribuzione disomogenea dei carichi di peso; questi si concentrano maggiormente a livello di processo coronoideo (parte finale dell’ulna) provocando prima un danno cartilagineo e poi la frammentazione del processo. Sulla cartilagine del condilo omerale mediale, in corrispondenza della sporgenza del coronoideo frammentato, si verificano lesioni erosive.

-INC/Incongruenza articolare: L'incongruenza articolare consiste in un allineamento scorretto delle superfici articolari. È, come abbiamo visto, un denominatore comune nell'insorgenza degli altri quadri patologici che caratterizzano la displasia del gomito.


 Genericamente la sintomatologia di queste patologie sono zoppie persistenti che si manifestano in età molto giovane (4-8 mesi), varie posizioni antalgiche in fase di stazionamento. La diagnosi parte da un esame ortopedico alla palpazione e viene definita dall’apposita radiografia. I trattamenti sono di tipo conservativo per i casi più lievi e per i cani adulti, mentre per i cani giovani si procede a intervento chirurgico per la rimozione dei frammenti in caso di FCP e OCD, e nel 3° stadio della UAP in cui il processo anconeo è distaccato. Parallelamente di può procedere chirurgicamente a migliorare la congruenza articolare attraverso interventi detto DUO (Osteotomia Dinamica dell’Ulna) che consiste in una osteotomia dell’ulna che pr
ovoca un allungamento o accorciamento dell’osso permettendo un bilanciamento con la lunghezza del radio. E’ un intervento che sfrutta i processi di crescita e ossificazione dell’età giovanile che generalmente non viene effettuata dopo i 7 mesi di età. In alcuni casi di UAP si usa abbinare una DUO con la fissazione del processo anconeo tramite una vite. Nel caso dei trattamenti chirurgici per FCP e OCD è da tener presente che essi non sono in grado di arrestare il processo di artrosi, ma solo limitarlo.

Le cause della Displasia del Gomito sono ancora una volta identificabili in un complesso poligenico e multifattoriale. La predisposizione genetica è determinante nell’incidenza della malattia e soltanto la sua gravità può essere influenzata da fattori ambientali e alimentari. Da questo ne consegue che la profilassi per questo disturbo avviene attraverso la selezione di riproduttori  geneticamente favorevoli alla produzione di una prole sana. Come nel caso della Displasia dell’Anca l’approfondito studio parentale (antenati, collaterali e progenie) dei riproduttori in rapporto ai gradi fenotipici risultanti dall’esame radiografico ufficiale è l’unica metodica razionale per la selezione dei riproduttori.


ED 0: Non si riscontrano alterazioni

ED BL: Si riscontrano minime alterazioni

ED 1: presenza di osteofiti inferiori a 2mm o di sclerosi subtrocleare dell'ulna e/o di INC inferiore a 2mm

ED 2: presenza di osteofiti di dimensione tra 2 e 5mm e/o di grave sclerosi subtrocleare dell'ulna e/o di INC maggiore a 2mm; la presenza di alterazioni del profilo del processo coronoideo mediale ulnare senza evidenza di frammentazione od una fusione incompleta del processo anconeo ulnare comportano comunque il grado 2.

ED 3: presenza di osteofiti di dimensione superiore a 5m; l'evidenza di una o più lesioni primarie quali  UAP, FCP, OCD comporta comunque il grado 3. Anche i cani sottoposti ad interventi chirurgici per displasia del gomito, se l'intervento è dimostrabile radiograficamente, devono essere classificati ED 3 indipendentemente dalle lesioni articolari presenti.


Fonti: Camatta Alessio

http://www.clc-italia.it/articolo.php

Displasia dell'anca

Patologia

La Displasia dell’Anca (CHD Canine Hip Dysplasia) è una patologia che colpisce l’articolazione coxo-femorale, descritta per la prima volta nel 1935 da Schenelle. Si tratta di una malattia molto seria che può compromettere anche gravemente la qualità di vita del soggetto colpito.

Nello specifico si tratta di una patologia dell’accrescimento che genera incongruenza e lassità dei capi (o elementi) articolari, che sono la testa del femore e acetabolo. L’instabilità dovuta alla malformazione produce movimenti abnormi e quindi attriti e sollecitazioni tra gli elementi articolari che in una articolazione sana non sono presenti. In una articolazione sana i movimenti sono fluidi e armonici grazie alla capsula articolare e al liquido in essa contenuto (liquido sinoviale) che funge da lubrificante.

Nell’articolazione malformata il carico biomeccanico alterato diventa responsabile di diverse lesioni, a partire dall’erosione delle capsula articolare, fibrosi, fino a processi artrosici deformanti (ulteriore deformazione dell’articolazione) con presenza di osteofiti (escrescenze ossee a forma di becco sulle superfici articolari, da considerare come una reazione del tessuto osseo ai processi erosivi).



La malattia ha origine nell’età dello sviluppo del cucciolo, tra i 4 e i 12 mesi, e il suo progressivo decorso è degenerativo nella maggior parte dei casi,  in alcuni casi meno gravi si nota una certa stabilità della malformazione. A causa di questi processi degenerativi, il soggetto colpito arriva a percepire dolore nel movimento e quindi  a subire una limitazione motoria.

Generalmente si manifesta agli occhi dei proprietari in età adulta quando l’artrosi e il conseguente dolore diventano rilevanti, ma nei casi medio-gravi si possono notare già i primi sintomi anche a partire dai 4/5 mesi. Una prima diagnosi dell’HD avviene attraverso esami clinici e ortopedici. Nella maggior parte dei casi la sintomatologia consiste in zoppie di vario genere, eccessiva spossatezza nel caso del cucciolo, andatura a coniglio (bunny hopping), anche schioccanti (clunking hips), posture abnormi nell’andatura (falsa cifosi) con estensione del garretto, difficoltà nell’estensione completa delle zampe posteriori. Si procede quindi con un esame radiografico specifico che mette in evidenza i vari processi degenerativi di cui sopra.

 Vi sono diversi tipi di approccio terapeutico all’HD, e dipendono dall’età del soggetto, lo stato di gravità della patologia, la coesistenza di altri disturbi e non ultimo le disponibilità economiche del padrone dell’animale.

Nel caso di lieve HD, in animali adulti, si applica una terapia conservativa che ha per obiettivo evitare l’ulteriore degenerazione. A questo scopo si applicano trattamenti di fisioterapia volti a rinforzare la massa muscolare che interessa l’articolazione. Un consistente sviluppo del tono muscolare compensa in una certa misura l’instabilità dovuta alla malformazione, riducendo i giochi dovuti alle incongruità tra gli elementi. L’allenamento deve essere correttamente calibrato per non esasperare i processi infiammatori tipici della malattia. Le attività con maggiore riscontro di beneficio in tal senso sono il nuoto e le passeggiate controllate.  In quest’ottica, per ovvi motivi, si persegue anche una riduzione del peso corporeo, più o meno consistente a seconda dei casi.

Nel caso di cani giovani (inadatti ad allenamento muscolare) che non presentino particolare gravità si applica una terapia farmacologica attraverso la somministrazione di antinfiammatori (non steroidi), spesso congiunti a condro-protettori e altri tipi di integratori alimentari. La terapia farmacologica non è unanimemente apprezzata in quanto molti veterinari sostengono, oltre agli effetti collaterali di tipo gastrico e urinario, che tali farmaci potrebbero essere anche responsabili di un’accelerazione del processo degenerativo. Sicuramente positivo l’utilizzo dei soli condro-protettori.


 Esiste poi lo scenario dell’approccio chirurgico, scenario alquanto ampio di soluzioni spesso controverse. Le tecniche chirurgiche si dividono in due gruppi, quelle correttive e quelle di salvataggio.


Quelle correttive sono:

 la sinfisiodesi pubica : Questo intervento viene eseguito nei cuccioli entro i 5 mesi di età, migliora la congruenza articolare facendo sì che gli acetaboli coprano meglio le teste femorali. È in grado di correggere o limitare lo sviluppo della displasia dell’anca e quindi di prevenire la degenerazione secondaria dell’articolazione. La sinfisi pubica è la cartilagine che collega il lato destro e sinistro del bacino; quando un cane diventa adulto si trasforma in tessuto osseo e unisce le due metà del bacino in modo permanente. L’intervento consiste nel sigillare prematuramente la sinfisi pubica, il che fa ruotare verso il basso e in avanti le cavità aceta bolari, che in questo modo coprono meglio le teste del femore, stabilizzando l’articolazione.

 La triplice osteotomia pelvica: Questo intervento è indicato per i cani molto giovani (8-18 mesi), con displasia dell’anca ma senza presenza di artrite degenerativa. Consiste nel tagliare le ossa attorno all’acetabolo in tre punti diversi per isolare l’articolazione, riposizionarlo in modo che contenga meglio la testa del femore e mettere una placca per fissarlo in posizione adeguata. Questo intervento non è efficace se il cane ha già sviluppato artite/artosi o comunque è troppo vecchio. Questo è comunque un intervento che richiede un chirurgo ortopedico con vasta esperienza. Dopo l’intervento sono previsti 3 - 4 mesi di esercizio controllato, inoltre le camminate al guinzaglio non sono ammesse per 2 mesi, se non molto brevi solo per i bisogni.

L’artroplastica DAR: "DAR" è una sigla che indica il bordo acetabolare dorsale e dà il nome a questa procedura, che consiste nel prelevare innesti ossei da altre aree del bacino e utilizzarli per costruire un bordo acetabolare più ampio, in modo che la testa del femore abbia una cavità più profonda su cui inserirsi. Questa procedura è più indicata in cani che hanno appena iniziato a sviluppare l'artrite degenerativa e non possono quindi essere sottoposti alla triplice osteotomia acetabolare. Si può eseguire in cani fino a 12-13 mesi di età, ma preferibilmente a 8-10.


 Le tecniche di salvataggio sono:

 l’osteoctomia della testa del femore: Questo intervento è più indicato nei cani di piccola taglia. Si taglia e si asporta la testa del femore, permettendo all’articolazione di guarire come una pseudo giuntura (si forma una capsula che collega le due ossa, ma non avviene più un effettivo contatto osseo). Se l’anca non deve sopportare un peso corporeo troppo elevato, questa pseudo-articolazione è abbastanza forte da sostenere il tutto. Più il cane è attivo, più la giuntura si forma rapidamente. L'animale in genere rifiuta di usare la gamba per le prime 2 settimane, pertanto lo si deve forzare a farlo, ad esempio con la fisioterapia. Il pieno utilizzo della zampa operata si osserva in genere dopo 4-6 settimane. La zampa dovrebbe essere quasi completamente funzionante dopo un paio di mesi. Questo intervento chirurgico è in genere meno costoso di altre procedure.

La protesi all’anca:

Questa procedura è adatta a cani che presentano modifiche degenerative dell’articolazione così gravi da essere invalidanti; è un intervento che può sembrare radicale, ma viene eseguito da 20 anni con ottimi risultati. L’intervento consiste nel sostituire l’intera articolazione con una protesi. Dopo l’intervento il cane deve restare a riposo per circa 3 mesi. Di solito, anche se entrambe le articolazioni hanno problemi, si procede con una zampa alla volta e spesso il cane recupera così bene tanto da non aver bisogno di fare l’intervento anche sul lato opposto.


Origini e cause

Qual è l’eziologia della Displasia dell’Anca? Ovverosia quali sono le sue origini e a che cosa è dovuta? La risposta a questa domanda non è propriamente semplice, e da questo ne deriva che in circolazione ci sono molte convinzioni errate dovute in alcuni casi ad un approccio superficiale all’argomento, in taluni dovuti ad una vera e propria faziosa interpretazione di alcuni concetti insiti in questa risposta. Vediamo di fare un po’ di chiarezza.

La Displasia dell’Anca è per definizione scientifica una patologia poligenica e multifattoriale. Questo significa che la sua origine e il suo sviluppo sono dovuti a:

-una componente genetica complessa: molti sono i geni coinvolti, di diversa natura e interazione

-diversi fattori concomitanti: fattore genetico/ereditario di cui sopra, in connessione con diversi fattori ambientali

Sulla base di questa definizione si sono sviluppate diverse convinzioni errate e fuorvianti. La più infondata è quella che la Displasia dell’Anca sarebbe dovuta quasi esclusivamente a fattori ambientali. La più diffusa vuole che la patologia trovi origine e sviluppo in un binomio inscindibile tra fattore genetico e fattore ambientale, in cui quest’ultimo sarebbe la componente più rilevante con rapporto tra i due espresso in percentuali: 20/30%= genetica, e 70/80%= fattore ambientale.

Il confine con la corretta interpretazione delle definizioni scientifiche è molto sottile ma come vedremo di rilevanza notevole. Innanzitutto è necessario fare un distinzione fondamentale al fine di venire a capo del problema interpretativo: è imperativo considerare l’origine e la predisposizione alla malattia separatamente dal suo sviluppo e dal suo livello di gravità:

-La predisposizione alla displasia dell’Anca trova origine sempre e solamente nel patrimonio genetico, dovuto ad un fattore ereditario (100%). Questa importante nozione è stata ritenuta valida anche in relazione all’ambito medico legale.

-Lo sviluppo della patologia, la sua modulazione e quindi la gravità della sua espressione sono dovuti all’interazione tra, lo stesso patrimonio genetico da cui ha origine (predisposizione), e diversi fattori ambientali. In relazione all’espressione fenotipica della patologia è allora si corretto esprimere il famoso rapporto (20/30% – 80/70%) tra fattore genetico e fattore ambientale.

Vien da se quindi che il fattore ambientale può solo scatenare o aumentare una patologia già esistente a livello di patrimonio genetico ereditato come predisposizione. Un soggetto geneticamente sano NON subisce il rischio del fattore ambientale mentre è il cane geneticamente predisposto che ne risente.

Questa importante rilevanza è stata appurata in modo scientifico. Ho avuto occasione di partecipare a diversi convegni sull’argomento, in particolare in uno di questi il Dr. Pedrani (centrale di lettura CELEMASCHE) esponeva alcuni casi di studio scientifico, tra i quali mi è rimasto impresso il seguente: un pluricampione proveniente da una linea di sangue pregiata venne radiografato come prassi poco dopo i 12 mesi risultando esente (HD A 0/0), come la maggior parte dei suoi ascendenti diretti e collaterali. Nel corso della vita questo cane gareggiò ad oltre 80 prove di lavoro e fu sottoposto nuovamente a esame radiografico all’età di 8 anni. Il soggetto a parte qualche segno di artrite dovuto all’età aveva l’articolazione coxo-femorale ancora perfettamente conformata, e secondo i parametri di classificazione sarebbe stata ancora definita HD A 0/0.


Ma quali sono questi famigerati fattori ambientali che possono determinare in un soggetto geneticamente predisposto, la differenza tra una leggera e una grave HD?  Principalmente sono il tipo di sollecitazioni motorie a cui il cucciolo è sottoposto nella fase della crescita e l’alimentazione ma più probabilmente sono una complessa interazione di questi due fattori. Nel cucciolo è presente in modo naturale una certa lassità articolare, propria della fase della crescita, che espone allo sviluppo della malattia nei soggetti predisposti. Per esempio superfici scivolose obbligano i cuccioli a compiere movimenti che sollecitano in modo abnorme l’articolazione coxo-femorale, come anche estensioni estreme (scale) e attività motoria eccessiva.  Da considerare è anche lo sviluppo muscolare in quanto una sana ed equilibrata attività fisica nel cucciolo che produca un ottimo tono muscolare, riduce le sollecitazioni biomeccaniche dell’articolazione e quindi igli eventuali processi degenerativi. Per contro un cucciolo che sviluppa poco il tono muscolare risentirà in modo maggiore di queste sollecitazioni.


Una alimentazione scorretta può gravare in questo senso in due modi: il sovrappeso ha un evidente effetto sulle sollecitazioni, carenze e squilibri di elementi nutrienti possono rendere più facilmente degenerabili le parti interessate geneticamente dalla malformazione. In questo senso il fattore che sembra avere una rilevanza notevole è il rapporto tra il calcio con tutti i processi metabolici che lo vedono coinvolto e la vitamina D. Sono da ritenersi dannosi eccessi di calcio mentre sono da ritenersi positive diete ricche di vitamina D.

Fonti: 

Alessio Camatta 

http://www.clc-italia.it/articolo.php?id=173

http://www.clc-italia.it/articolo.php?id=174

Ipertemia Maligna

Disturbo di origine ereditaria, a trasmissione autosomica dominante, caratterizzato dall’improvviso e rapidissimo aumento della temperatura corporea fino a valori superiori ai 41 °C, in seguito all’inalazione di anestetici inalatori (gas e vapori anestetici quali alotano, metossifluorano, ciclopropano) o alla somministrazione di farmaci miorilassanti (curarici), in particolare la succinilcolina.

Al di fuori degli attacchi il soggetto appare del tutto normale e il primo episodio può accadere inatteso e imprevedibile.

Una parte rilevante dei soggetti che sviluppano forme di ipertermìa maligna presenta valori basali di creatinfosfochinasi (CPK), un enzima di origine muscolare, molto superiori alla norma.


I sintomi, oltre al rapido aumento della temperatura corporea, sono:

difficoltà al rilassamento durante l'induzione dell'anestesia, tachicardia sostenuta, tachipnea, cianosi, fascicolazioni muscolari (con la succinilcolina), rigidità muscolare (con rischio di rabdomiolisi e insufficienza renale acuta), ipotensione (fino allo shock).


La terapia delle forme in atto prevede la somministrazione di dantrolene sodico subito dopo l’immediata cessazione della narcosi, il controllo della temperatura con i mezzi fisici e farmacologici disponibili, il supporto delle funzioni vitali. Nelle persone suscettibili di sviluppare l’ipertermìa maligna, l’anestesia (quando indifferibile) deve essere condotta con altre tecniche (loco-regionali) o con altri farmaci (per esempio, barbiturici, oppiacei, benzodiazepine, neurolettici).


Anestetici: farmaci che producono modificazioni reversibili a livello del sistema nervoso, producendo una perdita temporanea della sensibilità dolorifica e della coscienza (vedi anestesia).

I farmaci anestetici possono essere classificati in anestetici generali, anestetici locali e preanestetici.


I primi agiscono producendo una perdita della coscienza estesa a tutto l'organismo, e possono essere somministrati per inalazione (gassosi o volatili) o per via endovenosa.


Gli anestetici locali, invece, sono farmaci che bloccano la conduzione degli stimoli nervosi direttamente sul tessuto nervoso. La durata dell'effetto può essere potenziata dall'associazione con un farmaco vasocostrittore, che ne ritardi l'assorbimento ematico.

L’uso di anestetici locali iniettabili è consentito nell'attività sportiva con una serie di limitazioni: possono essere utilizzate bupivacaina, lidocaina, mepivacaina, procaina ma non cocaina; possono essere utilizzati agenti vasocostrittori come l’adrenalina, ma soltanto su giustificazione medica e tramite iniezioni locali o intra-locali.

(o anestesia peridurale, narcosi, anestesia epidurale), perdita della sensibilità in alcune zone del corpo. Può essere provocata da patologie (anestesia organica) o essere indotta dall’uomo (anestesia artificiale); può essere periferica se localizzata in un solo distretto corporeo e se il paziente è cosciente, oppure totale se la sensibilità viene perduta dal corpo intero e se il paziente non è cosciente. L’anestesia periferica, o locale, viene utilizzata in caso di interventi chirurgici di modesta entità, e viene indotta attraverso l’utilizzo di anestetici.


L’anestesia totale, o generale, viene praticata somministrando gli anestetici per inalazione o per via endovenosa.

Curarici: farmaci che possono essere o di origine vegetale o di produzione sintetica (curaro), che agiscono sulla muscolatura volontaria paralizzando la trasmissione degli impulsi dai nervi motori alle fibre muscolari striate.


Possono essere competitivi (antagonizzano l'acelticolina) e depolarizzanti (provocano un accumulo dell'acelticolina nelle giunzioni neuromuscolari, causando il blocco della trasmissione degli stimoli).
La paralisi colpisce i muscoli delle plapebre, gli oculomotori, del collo, faringei e laringei e degli arti.
Bloccano anche i muscoli intercostali e il diaframma, causando asfissia.

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